VR for Good: verso una realtà migliore

home after war 3D VR 360 cover wide

La Realtà Virtuale è uno strumento dal potenziale enorme, con una qualità innata: consentire di vivere e provare situazioni altrimenti impossibili, nel bene e nel male. Da questo presupposto nascono iniziative come VR for Good, patrocinata da Oculus, per produrre contenuti immersivi in grado di narrare situazioni assai ostiche da descrivere con approcci di storytelling tradizionali. E’ il caso di Home after War, documentario in VR presentato per la prima volta al Festival del Cinema di Venezia 2018 e segnalato in molti eventi di settore, tra cui il SXSW 2019, dove ha vinto il premio della giuria per il “miglior utilizzo nelle arti immersive”.

Home after War – quando il peggio deve ancora venire

Home after War è una VR experience che ci catapulta nella tremenda situazione dei rifugiati di ritorno nella Fallujah (Iraq) liberata dalle barbarie dell’ISIS. Una liberazione soltanto apparente, in quanto prima di lasciare la città, gli uomini del califfato hanno sparso all’interno delle abitazioni degli ordigni esplosivi denominati Improvised Explosive Devices (IED) molto difficili da identificare, rendendo di fatto le case un micidiale campo minato, pronte ad uccidere e mutilare la popolazione civile.

Il giornalismo d’inchiesta nelle zone di guerra non è nuovo all’utilizzo della VR 360 come strumento narrativo, lo dimostrano esperienze quali Project Syria, Welcome to Aleppo o The Displaced, pluripremiata produzione del New York Times.

Le case di Fallujah – un campo minato in 3D

Home after War si propone di sensibilizzare sul tema delle mine anti-uomo, promuovendo l’attività di associazioni come la GICHD (The Geneva International Centre for Humanitarian Demining), che sostengono le iniziative di bonifica e sminamento nelle zone di guerra, oltre che di informazione ed educazione della popolazione locale.

La regista Gayatri Parameswaran (NowHere Media) è una documentarista specializzata in reportage VR, oltre che una giornalista esperta in tematiche relative ai diritti umani. Non sorprende pertanto vederla a suo agio in contesti tutt’altro che rassicuranti, come si può facilmente evincere dal making of pubblicato da GICHD.

La produzione di Home after War è basata su contenuti tridimensionali di natura ibrida, in quanto creati in parte grazie all’acquisizione fotogrammetrica ed in parte mediante le riprese video con una camera Insta360 Pro, capace di effettuare sia riprese 3D stereo per contenuti VR che video 360 tradizionali, visualizzabili anche a display: un autentico gioiellino, pesante poco più di 1kg e capace di riprese stabilizzate fino a 8K, con un possibilità di streaming live in 4K. Il suo software proprietario, Stitcher, consente, tra le moltissime opzioni di cui dispone, di effettuare lo stitching* delle riprese sia in modalità monoscopica che in modalità stereo. Per rendere l’idea dell’accessibilità di questa tecnologia di ripresa a livello professionale, è sufficiente sottolineare come con meno di 5.000 euro sia al momento possibile acquistare sia la camera Insta360 Pro che i suoi accessori principali.

Per quanto riguarda la fotogrammetria 3D, sulla base delle centinaia di immagini scattate all’interno della casa del protagonista Ahmaied, la produzione si è avvalsa del lavoro ricostruttivo svolto dagli specialisti di realities.io, studio berlinese con all’attivo diverse produzioni multimediali in VR, tra cui The Key, recente vincitore del Tribeca Film Festival.

Il VR 360 interattivo: il compromesso ideale per la narrativa multimediale

Senza ricorrere a complesse ricostruzioni in 3D real time, l’esperienza ibrida 3D + VR 360 di Home after War consente al regista di mantenere le redini della narrazione e dei relativi tempi di montaggio, consentendo allo spettatore di spostarsi ed orientarsi all’interno delle varie location con un buon grado di libertà. In altri termini, lo spettatore è guidato dall’evolversi della storia, non può perdersi, ma al tempo stesso può personalizzare la propria esperienza come se si trovasse a tutti gli effetti all’interno delle case di Fallujah.

Home after War dimostra ancora una volta come la realtà virtuale, grazie alle sua capacità di simulazione, possa esercitare un ruolo chiave nell’educazione e nel trasmettere un messaggio, grazie alla sua componente immersiva. Indossando un visore VR, ci ritroviamo in prima persona di fronte al narratore della storia, Ahmaied, il protagonista stesso della tragica vicenda su cui si incentra Home after War. Possiamo esplorare la sua casa, osservare ogni dettaglio e renderci conto di cosa voglia dire, in quel contesto, l’esplosione di un ordigno. Un’esperienza forte, traumatizzante e soprattutto realistica, vera nella la virtualità che consente a chiunque di riviverla in ogni angolo del mondo.

*in fotografia il termine stitching identifica solitamente l’unione di più fotogrammi per ottenere un’unica immagine di maggiori dimensioni, come nel caso delle immagini panoramiche. Nel caso di immagini e video 360 lo stitching risulta dunque fondamentale per ricostruire i contenuti stereo da implementare nelle applicazioni.

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Per ulteriori dettagli sul progetto è possibile consultare il sito ufficiale di Home after War

Per saperne di più in merito agli altri progetti di comunicazione VR supportati da Oculus – Oculus VR for Good

3D Stories ha pubblicato alcuni articoli riguardanti l’utilizzo delle tecnologie 3D per combattere culturalmente gli effetti nefasti del terrorismo dello stato islamico, tra cui:

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Francesco La Trofa

Architetto e giornalista, con 20 anni di esperienza nelle tecnologie 3D.
Consulente di enti pubblici e aziende 3D per aspetti legati alla progettazione e alla comunicazione.
Responsabile dei contenuti editoriali di Treddi.com e co-fondatore dei Digital Drawing Days, evento unico nel suo genere in Italia.
Collabora attivamente nella ricerca e nella didattica presso il Politecnico di Milano.
Per Protocube Reply cura 3D STORIES.