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Realtà Virtuale e Realtà Aumentata si stanno ritagliando un ruolo sempre più determinante nella 3D Experience e nella trasformazione digitale delle aziende. Per offrire un focus mirato sugli aspetti relativi all’evoluzione del business legato alle tecnologie immersive abbiamo incontrato Filippo Rizzante, CTO di Reply, multinazionale con oltre 7.000 dipendenti, che costituisce una delle maggiori realtà nella consulenza e nei servizi digitali attiva a livello internazionale.
A che punto sono oggi la VR e la AR?
Si tratta di tecnologie innovative oggi in forte fase di accelerazione e con enormi potenzialità per una diffusione di massa nel futuro prossimo. In ambito consumer c’è certamente ancora molta strada da fare, mi riferisco per esempio alla naturalezza nei dispositivi e nelle esperienze utente che contraddistingue il successo di una tecnologia nella quotidianità. La Realtà Aumentata (e Mixed), grazie alla sua sovrapposizione con il reale, dovrebbe infatti avere gioco più semplice. Nel caso della VR pura, ritengo che possa affermarsi in contesti di nicchia, come il training di operatori o le simulazioni, ma sia meno immediata a livello consumer. I tempi di Ready Player One, fatto di dimensioni digitali interamente virtuali rappresentano uno scenario distante alla realtà attuale, e questo non solo per le tecnologie necessarie per svilupparle, mi riferisco in generale all’intero background di percezione ed esperienza che andrebbe creato a livello consumer.
Cosa occorre oggi per ridurre questo gap?
Tecnologie hardware e software più evolute, che siano in grado di avvicinare e interfacciare meglio l’utente consumer con le applicazioni proposte. Questo consentirebbe agli sviluppatori di sfruttare appieno quelle potenzialità che oggi sono soprattutto teoriche. Se consideriamo il mercato consumer, credo che la Realtà Aumentata potrà imporsi su larga scala in tempi più brevi, mentre la VR pura rimarrà probabilmente più interessante per le applicazioni Enterprise, dove ci sono ambiti applicativi molto ben definiti, entro cui le nuove tecnologie possono inserirsi ottimizzando i processi già esistenti.
Non sarei in ogni caso categorico nella distinzione tra Business e Consumer, in quanto il primo è storicamente condizionato dalla diffusione del secondo, da cui può trarre giovamento sotto moltissimi aspetti.
Reply investe con decisione in questo contesto tecnologico
Nei confronti delle nuove tecnologie è necessario fare delle valutazioni con prospettive a medio e lungo termine, valutando di conseguenza gli investimenti e il know how acquisito. È il motivo che ci ha spinti a puntare su prodotti che esulano anche dal nostro core business, come nel caso di Theseus VR, sviluppato da Forge Reply. Si tratta di un videogioco per Sony Playstation VR, in terza persona, dal concept molto particolare, basato sulla nota vicenda mitologica che vede Teseo opposto al Minotauro. Eravamo ben consapevoli dei rischi derivanti dalla competizione in un contesto così innovativo, ma abbiamo voluto ugualmente finanziare il progetto, su cui abbiamo riscontri favorevoli, sotto molti punti di vista. A parte la mia personale soddisfazione nel vedere squadre di ragazzi e ragazze con competenze miste, appassionarsi così tanto su un progetto così sfidante, il background di competenze acquisite si sta rivelando utile anche nel contesto dello sviluppo di soluzioni enterprise, dove il mercato, pur in fase primordiale, è senza dubbio destinato ad assumere quote di maggior rilievo.
Il settore gaming ha mosso il primo passo nella diffusione della VR, ma oggi lo sviluppo è ancora demandato alle produzioni indipendenti. I grandi nomi investono con netta prevalenza ancora sulle piattaforme tradizionali.
A livello ludico, finora soltanto Pokemon Go è riuscito a generare un volume di affari di straordinaria entità. Ma si tratta in ogni caso di AR in ambito mobile, dove sono disponibili miliardi di device, numeri nemmeno paragonabili alla diffusione attuale dei sistemi basati su PSVR o SteamVR.
In Reply crediamo fermamente nelle potenzialità e nei vantaggi della VR e nella AR. Presso una delle sedi milanesi di Reply abbiamo di recente trasferito e potenziato Area 360, il nostro centro ricerche dotato di laboratori in cui sperimentiamo e sviluppiamo correntemente applicazioni e device immersivi, collaborando con molti partner ed aziende interessate a questo genere di tecnologie.
Dove collocherebbe oggi la VR e la AR nelle applicazioni business?
La VR trova riscontro nell’ambito della simulazione industriale e nella prototipazione virtuale. Sono processi già in atto, in cui l’inserimento delle tecnologie immersive genera notevoli vantaggi a livello di riduzione dei costi e tempi di sviluppo, oltre a nuove feature, come la possibilità di percepire il prodotto in scala naturale.
Alcune industrie, come l’automotive e il manifatturiero di grandi dimensioni stanno già impiegando con successo la VR nei propri processi aziendali.
La Realtà Aumentata e Mixed è ancora più interessante perché apre alla prospettiva di molte nuove applicazioni, grazie alla sua naturale capacità di integrazione con altre tecnologie, come la internet of things e l’intelligenza artificiale. Uno dei suoi principali punti di forza consiste nella condivisione del punto di vista dell’osservatore in un contesto reale. Si tratta di una feature fondamentale se pensiamo, ad esempio, alle applicazioni per la logistica o la manutenzione industriale, dove è possibile istruire e guidare remotamente un addetto, oltre ad indicargli in overlay sulla situazione reale tutte le informazioni contestuali di cui necessita.
Inoltre, non possiamo trascurare il contributo della AR e della VR nel digital marketing. La resa e il coinvolgimento nella presentazione aumenta notevolmente la percezione del prodotto, aiutando il cliente nel processo di acquisto, oltre ad offrire alle aziende moltissimi vantaggi sotto l’aspetto logistico.
Il discorso legato alla VR e alla AR è generalizzabile a molte tecnologie abilitanti la Industry 4.0. Quella Digital Transformation di cui tutti parlano, al di là delle apparenze, procede con tempistiche fisiologicamente lente. Perché le aziende non fanno la corsa per sfruttare i vantaggi che le nuove tecnologie offrono, come almeno nella logica sarebbe lecito attendersi?
Nel caso di Reply naturalmente il problema non si pone, in quanto nel 1996 siamo nati già digitali e connessi alla rete, per via del nostro core business.
Credo che ormai quasi tutti oggi abbiano colto i vantaggi che possono derivare dalla trasformazione digitale. ma il top management non sempre guida le proprie aziende verso l’innovazione. Permane una visione short term, ci sono barriere in fatto di mentalità e di organizzazione. Le tecnologie ci sono e sono disponibili a tutti, ma non vengono di fatto utilizzate. Per le grandi aziende “tradizionali” questa fase di transizione rappresenta una sfida molto impegnativa.
Pur in un periodo storico in cui le opportunità, almeno in teoria, non mancherebbero.
Le barriere all’ingresso derivano da due fattori: la minaccia dei big one e il proliferare delle startup tecnologiche.
Nel primo caso, parliamo di soggetti con una potenza economica inarrivabile. Colossi come Amazon e Google hanno la tecnologia, la sviluppano e puntano ad allargare i loro business verso settori sempre diversi, cercando di imporsi in una condizione di monopolio. In primo luogo ci provano con una soluzione propria. Nel caso in cui non dovessero farcela, ricorrono all’acquisizione diretta dei concorrenti o di un arsenale di tecnologie tali da raggiungere quasi sempre i loro obiettivi.
Per quanto riguarda le startup, queste rappresentano per le aziende tradizionali una minaccia con caratteristiche molto differenti rispetto ai grandi colossi, ma in grado di creare un numero considerevole di nuovi concorrenti sul mercato.
Come possono dunque le aziende cercare di sopravvivere a questa morsa?
Diventando tecnologiche. Sulle nuove tecnologie occorre avere il coraggio di insistere. Quasi mai il primo tentativo è quello giusto. Il fallimento al primo colpo è normale. Se vuoi raggiungere un obiettivo, devi applicare dei correttivi e provare fino a quando non riesci a raggiungerlo.
E’ impossibile applicare alle nuove tecnologie le stesse aspettative di ritorno valide per i business consolidati. Si tratta di situazioni che variano a differente velocità, secondo parametri che vanno misurati dunque con altre logiche.
Le aziende tradizionali devono inoltre basare l’innovazione del loro business sugli asset che possiedono, e garantiscono loro una solidissima base di partenza. Se un imprenditore rinuncia alla sua tradizione rischia di porsi nella stessa condizione di una startup. Quanto acquisito negli anni può inoltre agevolare quella differenziazione utile a rendere un’azienda più difficile da aggredire da parte di uno dei grandi colossi che abbiamo citato. Queste sono le ragioni che, unite alla certezza che le tecnologie per farlo sono disponibili, mi convincono che le aziende oggi possono rinnovarsi con successo grazie alla digitalizzazione.
Si parla molto di competenze, quasi tutte le aziende si lamentano dei pochi giovani con una formazione tecnica. A cosa si deve questo gap?
Anche in questo caso, incidono molti fattori, su tutti quello di un orientamento a mio avviso frammentario, che non offre una reale visione delle opportunità che le professioni legate alle nuove tecnologie offrono. Altrimenti sono convinto che i ragazzi le sfrutterebbero maggiormente. Nel nostro ambito oggi c’è moltissimo lavoro, servono più ingegneri e tecnici di quanti ce ne siano realmente a disposizione. In generale, la formazione dovrebbe tenere conto di quelle che sono le esigenze del mercato del lavoro, ed in questo caso mi riferisco alle discipline umanistiche, che sarebbero sempre più determinanti se soltanto fossero in grado di formare figure ibride, dotate anche di quelle conoscenze tecniche indispensabili per applicarle in ambiti nuovi. Le tecnologie come la VR e la AR richiedono ad esempio il contributo della psicologia, piuttosto che delle neuroscienze, per studiare il comportamento umano nel contesto di tutta l’esperienza immersiva.
Da questi presupposti è nata ad esempio la collaborazione tra il nostro centro ricerca sulle tecnologie immersive, Area 360 e l’Istituto Auxologico di Milano, per lo sviluppo di due CAVE, camere immersive, dove la realtà virtuale viene correntemente utilizzata per il supporto riabilitativo. Un esempio pratico e tangibile di come la collaborazione tra più ambiti scientifici e tecnologici possa contribuire davvero a migliorare la vita delle persone.

Filippo Rizzante, CTO di Reply (credits REPLY)
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