Culture under attack – la rinascita del Leone di Mosul, in stampa 3D

leone mosul stampa 3d

Tra le drammatiche conseguenze dell’azione dell’ISIS in Siria e nell’Iraq settentrionale, non possiamo dimenticare i danni perpetrati al patrimonio artistico e culturale della della regione, da sempre riconosciuta quali una delle più importanti culle della civiltà. La propaganda dello stato islamico, seguendo una procedura simile ai tragici filmati che ritraggono le cruente esecuzioni degli ostaggi, ha visto alcuni militanti infierire su opere antiche di 3000 anni, risalenti principalmente alla cultura mesopotamica. Successivi accertamenti, resi possibili una volta liberate dall’occupazione le aree interessate, hanno appurato come le opere distrutte fossero soltanto una minima parte, mentre sarebbe stato ben più grave il danno dei manufatti rivenduti al mercato clandestino dell’arte, da parte degli stessi fautori, per finanziare i propri scopi.

Un danno irreparabile? Non del tutto. Per reagire alla furia iconoclasta dell’ISIS è stato infatti prontamente fondato Project Mosul, un progetto open source finalizzato a raccogliere materiale fotografico utile a ricostruire digitalmente il patrimonio smarrito. 3D STORIES aveva dedicato alla vicenda due approfondimenti, che riproponiamo per avere una visione integrale degli obiettivi iniziali e dei risultati finora conseguiti dal progetto:

Proejct Mosul 3D: combattere l’ISIS con la cultura

Restauro 3D: la rinascita di Palmira

leone mosul stampa 3D REKREI
Project Mosul è stato successivamente rinominato in REKREI, in quanto ha superato per ambizioni la regione di Mosul, interessando il patrimonio a rischio su scala globale. La homepage del sito projectmosul.org mostra in tempo reale la localizzazione dei progetti in tutto il mondo, e una serie di dati numeri relativi all’avanzamenti dei lavori di ricostruzione, eseguiti mediante fotogrammetria 3D (credit: projectmosul.org)
leone mosul stampa 3d REKREI projectmosul.org
Il Leone di Mosul è soltanto una delle opere ricostruite in 3D da REKREI. E’ possibile contribuire liberamente al progetto in molti modi: dalla semplice segnalazione di un sito a rischio, alla selezione e catalogazione delle immagini caricate sul portale dalla community, fino all’effettiva ricostruzione dei modelli 3D attraverso software di fotogrammetria. Gli sviluppatori possono inoltre contribuire alla programmazione del tool proprietario che consente di gestire i progetti (credit: projectmosul.org)

La natura squisitamente open del progetto, ha consentito la raccolta di moltissimo materiale, di provenienza per lo più amatoriale, come le foto conservate dai turisti a seguito dei loro viaggi in medio oriente. Gli archivi di immagini sono stati utilizzati per ricostruire, grazie alla fotogrammetria 3D, i modelli digitali delle opere distrutte, ai fini di ricostituire un ricco patrimonio di memoria.

L’azione di Rekrei inizia finalmente a rilevare anche delle manifestazioni concrete, grazie ad un prezioso alleato come Google Arts and Culture, moderno mecenate che si è fatto carico di digitalizzare e realizzare una copia in stampa 3D del Leone di Mosul per l’allestimento della mostra Culture Under Attack, in programma fino al 5 gennaio 2020 presso l’Imperial War Museum di Londra.

La mostra Culture Under Attack è interamente focalizzata sulle vicende che interessato il patrimonio culturale nelle aree interessate dai conflitti, dai furti dei nazisti durante la seconda guerra mondiale, fino a vicende più attuali. Una sezione è interessata dal recupero, ossia delle iniziative utili a preservare e recuperare il patrimonio a rischio. In questo contesto si inserire la riproduzione del Leone di Mosul, realizzata da Google Art and Culture in collaborazione con REKREI (credit: RUPTLY)
Il filmato mostra una breve ma esaustiva overview del processo ricostruttivo, realizzato mediante fotogrammetria 3D. A partire da una serie di immagini originali, Photoscan riesce a ricostruire la mesh del Leone di Mosul. Photoscan (attualmente rinominato in Metashape) è un software di elaborazione sviluppato e distribuito da Agisoft, ed è un punto di riferimento nell’ambito della ricostruzione di modelli 3D a partire da scansioni 3D o immagini. Agisoft è partner ufficiale di REKREI (credit: Google Arts and Culture)
leone mosul stampa 3d - by google arts and culture e REKREI
il modello 3D texturizzato da cui è stato ricavata la riproduzione del Leone di Mosul è “consultabile” sul portale Google Poly, al seguente url – https://poly.google.com/view/5LNrBFeZnQR (credit: Google Arts and Culture)
Dal Leone di Mosul al Leone di Al-Lat: la stampa 3D quale strumento per il restauro conservativo

Le tecnologie 3D sono dunque fondamentali per dare luogo alla preservazione e alla ricostruzione delle opere culturali interessate dalla violenza bellica. Il Leone di Mosul rappresenta il caso mediaticamente più rilevante, ma non è certamente l’unico. C’è infatti un altro leone che ha goduto dell’azione “protesica” della stampa 3D per recuperare la propria forma originale, e si tratta della grande scultura del Leone di Al-Alat, una divinità pagana pre-islamica sita a Palmira e scoperta dagli archeologi in occasione dei sopralluoghi del sito romano, attualmente in fase di restauro dopo la liberazione da parte dell’esercito russo, avvenuta nel 2017. Dopo aver riconosciuto l’opera, l’Institute of Digital Archaeology, attivo nell’area siriana grazie ai finanziamenti dell’UNESCO, ha provveduto ad un processo di restauro filologico caratterizzato da un processo accurato di scansione laser 3D, con la successiva rimodellazione e stampa 3D delle parti mancanti, ricostituite con la tecnica dell’anastilosi.

leone mosul stampa 3d - restauro del leone di al-alat
Immagini del ritrovamento del Leone di Al-Alat, alto circa 3.5 metri, per un peso complessivo di oltre 15 tonnellate (credit: UNESCO)
leone mosul stampa 3d - restauro del leone di al-alat
Il Leone di Al-Alat dopo l’intervento di restauro. Le parti ricostruite sono filologicamente riconoscibili rispetto a quelle originali, per via della mescola chiara delle parti stampate in 3D. Una scelta molto marcata, pur se non oggetto di una semplificazione stilistica e tesa probabilmente a dare enfasi al dettaglio delle parti conservate dell’opera originale (credit: UNESCO)

Il restauro del Leone di Al-Lat ha ricevuto un’inaspettata ribalta grazie alle polemiche sollevate da alcuni rabbini, tra cui Daniel Assur, che ha accusato senza mezzi termini l’UNESCO, ed in particolare le Nazioni Unite, di aver valorizzato il paganesimo ed il politeismo, per umiliare Israele, notoriamente monoteista. Per quanto inaspettata, questa presa di posizione pare sia rimasta comunque isolata, nel contesto di un generale apprezzamento dell’iniziativa condotta dal IDA, in quanto reazione positiva ad un tentativo di distruggere storia e cultura di una civiltà, a prescindere dai suoi estremi religiosi. La coerenza di questi principi sarebbe oltretutto confermata dal fatto che proprio il IDA è stato lo stesso ente che ha ricostruito il celebre Arco di Palmira, struttura romana del terzo secolo, per due esposizioni pubbliche, tenutesi rispettivamente a Londra e New York, prima di fare tappa a Firenze in occasione del G7 della cultura (2017).

L’Arco di Palmira, una rinascita tra consensi globali e vibranti polemiche

Le tecnologie 3D utilizzate da IDA per realizzare la replica dell’Arco di Palmira sono state messe a punto da un’azienda italiana, la TorArt di Massa Carrara, che ha utilizzato un sistema CNC a braccio robotico (sviluppato dalla controllata Robotmill su tecnologia ABB) per lavorare su pezzi di marmo bianco di grandi dimensioni, successivamente assemblati in loco.

leone mosul stampa 3D - arco di palmira
Una fase dell’assemblaggio della “miniatura” dell’Arco di Palmira (credit: TorArt)

Anche in questo caso non sono mancate le critiche, per certi aspetti condivisibili, da parte di chi accusava la riproduzione in scala 1:3 dell’Arco Di Palmira di non avere alcuna credibilità dal punto di vista filologico, in quanto alcuni particolari, come le foglie decorative, sarebbero state riprodotte in maniera palesemente differente rispetto alla controparte originale. I puristi non avevano infatti rinunciato ad etichettare l’opera come una “pietosa scenografia della speculazione” (V. Porcheddu in L’arco finto di Palmira non è credibile, in Il Manifesto, 28/03/2017), per via del fatto che l’esposizione in Piazza della Signoria è stata avvertita come una sorta di “baracconata” ad uso e consumo di un turismo di massa, poco attento ai dettagli e facilmente fuorviabile dalla circostanza. In altri termini, un atteggiamento votato più alla spettacolarizzazione che non al rispetto dell’opera originale.

Per quanto il dibattito, nelle sue varie prese di posizione, sia complessivamente utile a far emergere tutti i punti di vista in relazione ad un tema controverso e cross disciplinare come quello della conservazione dei beni culturali, se opportunamente dichiarata e contestualizzata in modo corretto, anche qualche deviazione dal rigoroso percorso scientifico può risultare utile ad una missione di memoria. Si tratta di azioni che rendono omaggio e non rendono vana l’azione ed il sacrificio di figure straordinarie come l’archeologo siriano Khaled al-As’ad, per cinquant’anni direttore del sito e del museo di Palmira. Dopo essersi rifiutato di fuggire prima dell’invasione dell’ISIS, lo studioso è stato catturato, torturato e ucciso per non aver rivelato la posizione di alcuni reperti, che si sarebbero di conseguenza salvati dalle razzie degli uomini del califfato.

Tecnologie 3D e conservazione: un dialogo aperto (e decisamente futuribile)

Le operazioni svolte sui reperti di Mosul e Palmira aprono gli occhi su una riflessione molto più ampia rispetto al recupero dei reperti interessati dalla violenza delle guerre. In generale, rivolgono l’attenzione sulla fragilità della materia, richiamando la celebre definizione di restauro di Cesare Brandi: “Il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro“. Riguardo l’aspetto materico, i criteri di riconoscibilità e reversibilità dell’intervento di restauro renderebbero del tutto inaccettabile le copie, spesso utilizzate nelle esposizioni all’aperto per preservare gli originali. La copia priverebbe l’opera sia della sua istanza estetica (materia) che storica (contesto). Per contro, è evidente e soprattutto innegabile come, presto o tardi, la materia sia soggetta a fenomeni di inevitabile degrado e che sia sostanzialmente impossibile sperare di conservare tutto il patrimonio culturale esistente. Come è opportuno agire in vista di quella “trasmissione al futuro” in cui si ritrova il senso del restauro conservativo? L’azione bellica estremizza il momento della perdita, dimostrando come vi siano opere decisamente più a rischio di altre. Ma nei confronti dell’azione del tempo, tutte le opere sono da considerarsi a rischio.

Le tecnologie 3D assumono nei confronti della conservazione un plurime contributo di utilità. Supportano un’azione di conoscenza, per via della possibilità di acquisire delle repliche digitali perfette, che al tempo stesso sostengono un’azione preventiva, con la possibilità di assicurare alla memoria le informazioni relative ad una grandissima quantità di opere, che sarebbe altrimenti impensabile poter replicare, in quello che informaticamente viene definita come una operazione di backup. I dati acquisiti con accurati processi di scansione laser 3D o fotogrammetria 3D assicurano ormai uno scarto di precisione minimo, rendendo all’atto pratico matematicamente perfetta la riproduzione digitale. Tali dati possono essere utilizzati in qualsiasi momento, anche a fronte di acquisire i dati utili per il restauro a seguito di un evento imprevisto. Ne è la dimostrazione il lavoro di scansione 3D della Cattedrale di Notre Dame, svolto dal professor Andrew Tallon poco prima della sua scomparsa, e diventato, suo malgrado, una risorsa informativa inestimabile dopo l’incendio che ha colpito il celebre monumento parigino.

L’azione consapevole delle tecnologie 3D (scansione, fotogrammetria, modellazione e stampa 3D) combinata dalla perizia dei tecnici e dalla costante supervisione di archeologi, architetti conservatori e storici dell’arte, costituisce lo strumento di una nuova stagione della conservazione, finalmente caratterizzata dal digitale. Rinunciare, oggi, alle straordinarie potenzialità offerte dagli strumenti 3D equivale ad assumere un atteggiamento anacronistico, rinunciatario e di conseguenza irresponsabile nei confronti di un patrimonio sempre più ampio e sempre più a rischio. La missione della conservazione richiede un costante lavoro cross disciplinare, che tenga costantemente conto dei vari contributi necessari ad assicurare un corretto esito tecnico-scientifico e storico-critico del processo di restauro. Il 3D offre potenzialità immense, in gran parte ancora da esplorare, ma deve essere correttamente collocato nel suo ruolo strumentale.

Per approfondimenti sulla mostra Culture Under Attack è possibile consultare il seguente url: https://www.iwm.org.uk/seasons/culture-under-attack

Fonti consultate per la redazione dell’articolo: 3doers.org; Smithsonian.com; 3dprintingindustry.com; dailymirror.co.uk; torart.com; en.unesco.org; iwm.org.uk; sketchfab.com; projectmosul.org; bloomberg.com; artsandculture.google.com; ilmanifesto.it

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Francesco La Trofa

Architetto e giornalista, con 20 anni di esperienza nelle tecnologie 3D.
Consulente di enti pubblici e aziende 3D per aspetti legati alla progettazione e alla comunicazione.
Responsabile dei contenuti editoriali di Treddi.com e co-fondatore dei Digital Drawing Days, evento unico nel suo genere in Italia.
Collabora attivamente nella ricerca e nella didattica presso il Politecnico di Milano.
Per Protocube Reply cura 3D STORIES.