Innovare la manifattura: la sfida del Generative Design

Generative Design Autodesk

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Nonostante oggi venga ancora percepito come qualcosa di molto astratto e teorico, il Generative Design è uno dei temi creativi su cui si focalizzano le potenzialità della Manifattura del Futuro. Perché le aspettative sul suo conto così elevate? Rovesciare gli attuali paradigmi progettuali, alla ricerca di sistemi in grado di ragionare per obiettivi, consente di esplorare innumerevoli soluzioni formali, grazie ad un’intelligenza artificiale in grado di superare nettamente le capacità creative del designer. Questo consente di guardare oltre, di valutare nuove possibilità, alla ricerca dei limiti che le tecnologie e i materiali sono in grado di garantire.

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OLD WAY vs NEW WAY. L’infografica mette in relazione le differenze, in termini di potenzialità creative, tra il processo di design “tradizionale” e quello assistito dall’intelligenza artificiale e le tecnologie computazionali su cloud, su cui si basano i software di generative design. Si tratta di quello che con ogni probabilità diventerà lo standard nel futuro della progettazione e della manifattura. Tutti i requisiti e le caratteristiche dei materiali e dei sistemi di produzione sono noti a priori al sistema che effettua le simulazioni, grazie ad accurati processi di machine learning. In questa visione, i progettisti potranno mantenere la piena autonomia decisionale, ma non saranno più “soli”, grazie al supporto diretto dei software di generative design (credits Autodesk)

Per saperne di più in merito a questi aspetti, abbiamo avuto modo di incontrare uno dei maggiori esperti al mondo in materia di Generative Design: Francesco Iorio, tra i leader dello sviluppo di Project Dreamcatcher, la piattaforma di Generative Design su cui Autodesk sta investendo il futuro tecnologico legato al design e alla produzione. La nostra riflessione parte proprio da questo aspetto, per comprendere meglio le finalità e le ambizioni di un progetto di questa portata.

(F.I.) – L’inizio di questa avventura risale ormai a cinque anni fa. Mi ritrovai con una richiesta da parte della leadership di Autodesk di proporre un progetto in grado di sostenere una visione innovativa sia nell’ambito della progettazione che, naturalmente, in quello della produzione. Abbiamo iniziato a sperimentare con un piccolo team a Toronto. Insieme ai miei colleghi abbiamo ottenuto i primi incoraggianti risultati, che hanno convinto la leadership della bontà del nuovo metodo. Oggi a lavorare su Project Dreamcatcher abbiamo circa 40 persone, anche negli uffici di San Francisco e Londra. La squadra è in crescita ed è composta da figure estremamente eterogenee in termini di competenze. Abbiamo esperti in matematica, geometria, machine learning, ingegneria meccanica, scienza dei materiali, strutture, user experience, sviluppo software e, ovviamente, design. Siamo costantemente alla ricerca di altri specialisti.

(3DS) – Cos’è per voi il Generative Design?

(F.I.) – Garantire infinite possibilità creative, senza perdere di mira l’obiettivo più importante, che rimane saldamente legato ai requisiti di fattibilità di un progetto. Gli aspetti da considerare sono davvero moltissimi. Da quelli formali, legati alla coerenza del design che il sistema deve essere in grado di implementare, a quelli più squisitamente materici, relativi alla proprietà fisiche. Infine, non possiamo prescindere dalle caratteristiche dei sistemi di produzione. Il nostro obiettivo è infondere intelligenza al software, in modo che il progettista possa inserire una serie di dati, farli elaborare dal programma e ottenere delle proposte compatibili con i requisiti che intende soddisfare.

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Un momento iconico del talk di Francesco Iorio al Autodesk Forum tenutosi a Milano nello scorso mese di ottobre (credits ICTBusiness)

(3DS) – Il sistema si basa sull’Intelligenza Artificiale. Come è possibile istruire un sistema di Generative Design?

(F.I.) – La questione si pone soprattutto su una base oggettiva. Si passa dal dover comunicare funzioni a dover comunicare sistemi di comportamento. Il punto di partenza è un requisito. Questo deve tradursi in formule matematiche, un sistema di famiglie di generatori in grado di osservare, interpretare e proporre delle soluzioni in grado di soddisfare questo requisito.

(3DS) – In teoria, tutto perfetto. In pratica, quali sono i limiti tecnologici e le difficoltà che ci si ritrova quotidianamente ad affrontare nell’implementazione di un sistema di Generative Design così complesso?

(F.I.) – Negli ultimi anni ci sono stati progressi importanti nell’ambito delle intelligenze artificiali, ma i limiti di base non sono ancora stati del tutto superati. I problemi di fondo sono rimasti i soliti: la necessità di istruire il sistema con una enorme quantità di dati ed il fatto che, per quelle che sono le tecnologie attuali, il sistema stesso non è in grado di riconoscere se un dato è sostanzialmente corretto, completo, oppure no. Quindi la selezione a monte del dato diventa fondamentale, altrimenti il sistema va in crisi, risultando potenzialmente inefficace nel soddisfare con le proprie simulazioni i requisiti richiesti. Concettualmente il machine learning non è complesso quanto tradurlo in qualcosa di realmente funzionante. Si tratta di una sfida aperta, su cui c’è ancora moltissimo lavoro da fare. In generale ovviamente, non soltanto per gli aspetti che si riferiscono al Generative Design. Ciò che facciamo noi è soltanto una minima parte di quello che sta avvenendo nell’ambito delle intelligenze artificiali.

(3DS) – Come si affronta e si risolve questa complessità?

(F.I.) – Restringendo il campo d’azione, focalizzandoci moltissimo sull’osservazione. Un sistema di Generative Design ha potenzialità illimitate, ma per istruirlo occorre soprattutto concretezza. Le prime applicazioni di Project Dreamcatcher prendono infatti in esame degli ambiti circoscritti. Abbiamo alcuni casi studio nel design, abbiamo progettato da zero il telaio di un’automobile e collaboriamo correntemente con l’industria aerospaziale. Grazie a questo approccio, molto selezionato, siamo stati in grado di raggiungere i primi risultati, quelli grazie ai quali sarà possibile rendere il sistema aperto anche ad una rete via via più ampia di partner e collaboratori, in attesa di poter finalmente democratizzarne l’accesso.

(3DS) – Come prende forma un’intelligenza artificiale? Come fa tutta questa ricchezza a diventare un software utilizzabile da un designer che non ha nello specifico competenze informatiche, ma è giustamente interessato agli aspetti legati alla progettazione e alla produzione dei nuovi prodotti?

(F.I.) – La creazione delle interfacce è il risultato del lavoro di un team multidisciplinare e della costante collaborazione con i designer. E’ necessario capire le loro esigenze e come queste si evolveranno in futuro, lo sviluppo è in continua evoluzione. Dietro l’interfaccia utente batte un cuore tecnologico che deriva, come accennavo, da un sistema AI istruito sulla base dell’osservazione della storia tecnologica di un prodotto, dei materiali compatibili e dei processi produttivi. La Stampa 3D ha aperto letteralmente un mondo di possibilità da questo punto di vista. E non solo. La sintesi e l’ottimizzazione formale necessarie per soddisfare i requisiti di design sarebbero impossibili senza un metodo di produzione basato sulla Manifattura Additiva. L’esempio tipo che viene prospettato nel caso del Generative Design è quello relativo alla sintesi formale di una sedia. Se noi siamo in grado di istruire il sistema con le varie tipologie di sedie prodotte finora, fornirgli tutte le specifiche dei materiali utilizzabili e dargli i vincoli strutturali derivati dai limiti dei processi produttivi, sarà possibile avere come risultato delle simulazioni realmente utili al lavoro del designer. In questa logica il Generative Design diventa una sorta di assistente alla progettazione, che, grazie alle sue proposte, ti fa ragionare sul problema, ponendo l’attenzione su aspetti che il progettista, per quanto esperto, non può umanamente prevedere. Questo perché le possibilità creative sono virtualmente infinite. Il sistema funge da assistente perché non è colui che definisce le scelte progettuali, il suo compito rimane quello di orientarle in maniera corretta, soprattutto mettendo in evidenza i vantaggi che una soluzione comporta rispetto alle altre nel soddisfare un determinato requisito. Il risultato più ricorrente della sintesi formale è quello di garantire un oggetto con le stesse proprietà meccaniche rispetto ad uno tradizionale, ma più economico e leggero, grazie all’impiego di una quantità inferiore di materiale. E si tratta soltanto del punto di partenza. Oggi non sappiamo quali possano essere i limiti. Anche dal punto di vista dei sistemi di produzione. La stampa 3D “ha più necessità” di generative design rispetto ad altri metodi di manifattura, data l’enorme, se non eccessiva, liberta’ di forme ottenibili. Al tempo stesso anche altre tecnologie di manifattura, che oggi definiamo tradizionali e sottrattive, potrebbero vivere una seconda giovinezza, se sfruttate attraverso le procedure su cui lavoriamo. Questo perché sebbene i vincoli di forme e materiali siano per forza più restrittivi, potranno produrre cose attualmente al di fuori dello spettro della conoscenza e della intuizione umana. In quello spazio il generative design troverà sempre di più una dimensione tutta sua.

(3DS) – La definizione del requisito stesso diventa dunque una scelta fondamentale per il progettista. Come può il software aiutarlo a supportare le sue scelte?

(F.I.) – Un progetto può essere indirizzato in più direzioni. Per questo credo siano fondamentali almeno due aspetti. Il primo è relativo alla fiducia nei confronti della macchina e del software, che è un aspetto ormai consolidato nel modus operandi del design. Su questa base deve necessariamente aggiungersi una componente più legata all’intuizione, alla percezione delle possibilità. Ed è su questo aspetto che diventa sempre più importante lavorare. E’ fondamentale la comunicazione dei dati del progetto. La computer grafica ormai è arrivata ad un altissimo livello per quanto riguarda il realismo. La sfida che la attende ora è quella della visualizzazione del dato. Il progettista per scegliere ha bisogno di vedere, avere un quadro tangibile di quelle che sono le possibilità. Il caso della sedia, citato in precedenza è volutamente mirato al raggiungimento di un solo requisito. L’obiettivo che un sistema di Generative Design può porsi è molto più ambizioso. Il senso si coglie se pensiamo ad un prodotto molto più complesso, come l’automobile, in cui subentra la necessità di soddisfare moltissimi requisiti.

(3DS) – Il problema diventa quasi più interessante della sua soluzione.

(F.I.) – La soluzione rimane l’obiettivo, ma per definire nuovi orizzonti progettuali servono nuovi problemi da risolvere. Per questo, anche in termini di design del software, è importante ragionare nella definizione di librerie di requisiti, per garantire in modo pratico il supporto ad una visione davvero nuova nella configurazione di un prodotto. Questo approccio è indispensabile, se l’obiettivo vuole davvero essere quello di progettare soluzioni di nuova concezione. Questo vale per moltissimi ambiti del design. La nostra intenzione è quella di iniziare questo percorso dove c’è una maggior predisposizione e possibilità di investimento nella ricerca, come nel caso dell’automotive e dell’aerospace. L’obiettivo a medio termine è quello di rendere la tecnologia accessibile alla dimensione della piccola e media industria, dove le potenzialità creative sono davvero enormi.

(3DS) – Come hai giustamente evidenziato, l’aspetto forse più affascinante di un sistema di Generative Design è probabilmente quello di avere delle potenzialità infinite. Più il sistema “impara”, più diventa potente nelle capacità simulative. E’ corretta questa interpretazione del fenomeno?

(F.I.) – Certamente, si tratta di una ricchezza enorme, che si costruisce insieme. La piattaforma di Generative Design cresce grazie ai dati dei suoi partner, elaborando una capacità sempre più performante nella simulazione, in grado di risolvere in maniera sempre più efficace i requisiti. Se la piattaforma ha una oggettiva necessità di dati da elaborare, ogni partner riceve un beneficio enorme da una grande risorsa condivisa.

(3DS) – Siamo di fronte ad una vera applicazione Cloud based, che senza la condivisione delle informazioni in rete non avrebbe ragione di esistere, che grazie all’infrastruttura Cloud può generare vantaggi altrimenti impossibili.

(F.I.) – Il futuro del Cloud dovrebbe seguire la direzione di porsi in una condizione di esclusività. Per creare un effettivo valore aggiunto. Altrimenti gli investimenti nelle nuove infrastrutture rischierebbero di risultare superflui, o comunque sottosfruttati. In una fase di transizione come quella che stiamo vivendo ci sono tecnologie che non sono ancora pronte ed altre che volendo lo sarebbero ma non riescono ancora ad essere sfruttate per quelle che sarebbero le loro effettive potenzialità. Quando abbiamo iniziato con Autodesk un nuovo percorso in merito al Generative Design, un punto fermo è stato proprio quello di cercare di lavorare su un progetto che non si vincolasse troppo ai limiti attuali delle tecnologie e delle infrastrutture digitali. Con questo non voglio dire che non fossimo realisti o, peggio, che volessimo fare i visionari, dico semplicemente che per cercare di innovare è necessario saper guardare oltre, certi del fatto che i limiti attuali in qualche modo saranno superati. Occorre investire in tal senso, con una visione che vada almeno oltre il medio termine. Per fare un esempio, potremmo porci le seguenti domande: quale sarà lo scenario della manifattura tra dieci anni? Quali saranno i problemi da risolvere? E, solo infine, come possiamo supportare tutto questo?

(3DS) – La condivisione dei dati comporta necessariamente un rischio per qualsiasi azienda, soprattutto in quei contesti industriali in cui brevetti e proprietà intellettuali valgono cifre inestimabili. Un sistema di Generative Design come Project Dreamcatcher vive essenzialmente sulla condivisione del dato. Come pensate di poter superare e soprattutto gestire questi aspetti, per superare lo scetticismo delle aziende?

(F.I.) – Il Cloud è indispensabile per molti aspetti, a partire dalla potenza di calcolo necessaria per processare un volume di dati enorme, come quello richiesto per le simulazioni. Al tempo stesso, la conoscenza accumulata diventerà un valore imprescindibile, in grado generare nuove espressioni del design. In termini pratici si sta lavorando molto per mettere a punto dei criteri di policy che consentano a ciascun partner di scegliere cosa comunicare e condividere. Anche in questo caso, i nuovi business model dovranno evolversi facendo emergere nuovi problemi. Non sono un legale, quindi non ho un’esperienza diretta in questo tipo di situazioni per poter esprimere un parere tecnico. Anche in passato vi sono state situazioni in cui alcuni limiti sembravano insormontabili. Se li valutassimo ora, con il senno di poi, probabilmente farebbero sorridere. Sono convinto che continuando sulla strada della ricerca e dell’implementazione progressiva dell’applicazione, tecnologie come quella di Project Dreamcatcher saranno un giorno davvero alla portata di tutti. Perché i vantaggi sono talmente evidenti da far si che si trovi una soluzione, sotto tutti i punti di vista: tecnica, legale e normativa per consentire la sua naturale diffusione.

In appendice al pensiero e alla visione di Francesco Iorio, vi proponiamo uno dei contributi più interessanti in termini ispirazionali, per rendersi conto delle possibilità creative che i sistemi di intelligenza artificiale saranno in grado di supportare. Si tratta del talk tenuto presso il Tedx Portland dal futurista Maurice Conti.

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Francesco La Trofa

Architetto e giornalista, con 20 anni di esperienza nelle tecnologie 3D.
Consulente di enti pubblici e aziende 3D per aspetti legati alla progettazione e alla comunicazione.
Responsabile dei contenuti editoriali di Treddi.com e co-fondatore dei Digital Drawing Days, evento unico nel suo genere in Italia.
Collabora attivamente nella ricerca e nella didattica presso il Politecnico di Milano.
Per Protocube Reply cura 3D STORIES.