Horizon Zero Dawn è stata una delle sorprese videoludiche più acclamate del 2017, quando la sua uscita su Playstation 4 ha subito attirato ampi consensi di pubblico e critica, al punto da diventare una delle esclusive Sony più attese, anche nei riguardi del sequel entrato da poco in produzione.
Abbiamo avuto modo in incontrare uno dei creatori di Horizon: Jan-Bart Van Beek, art director dello sviluppatore Guerrilla Games, e di seguire la sua conferenza ” Un approccio pratico alla progettazione di dinosauri-robot“, tenutasi alle Ogr di Torino, in collaborazione con la View Conference. Una 3D Story in ambito gaming da cui trarre una lezione di sviluppo utile per molti altri ambiti dell’industria 3D, in cui il design esercita un fattore determinante.
Da Killzone ad Horizon Zero Dawn – la necessità di svoltare pagina
Uno degli aspetti più rilevanti della lezione di Jan-Bart Van Beek è vedere e rendersi conto di come sia possibile creare da zero un titolo AAA realmente innovativo. Ed è ancor più vero nel caso di Guerrilla Games, il developer studio olandese che veniva dalla lunga epopea di Killzone, un franchise solidissimo: sei titoli all’attivo, il primo dei quali ha esordito su Playstation 2 addirittura nel lontano 2004: “L’idea di partire con un’idea totalmente nuova è nata nel 2010 – confessa Van Beek – quando Killzone era ancora in produzione, considerando che Shadow Fall è uscito nel 2013, in prossimità del lancio della PS4“. La voglia di qualcosa di nuovo è nata all’interno del team, prima che da dichiarate esigenze di produzione: “L’attività di Guerrilla Games era molto focalizzata su Killzone – procede Van Beek – almeno l’80% del team lavorava da dieci anni sempre sullo stesso concept. Stava subentrando un senso di assuefazione, che alla lunga tende a limitare quel senso di creatività essenziale nel nostro lavoro. Ad un certo punto sentivamo l’esigenza fisiologica di ritrovare certi stimoli creativi, cercando una nuova sfida, ancora più grande di quelle che avevamo affrontato fino ad allora“.
Volendo prenderci gioco delle metafore, Horizon Zero Dawn è stata l’alba di una nuova era, anche per Guerrilla Games: “Se Killzone era un FPS ambientato in un futuro distopico – continua Van Beek – volevamo lavorare su qualcosa di profondamente differente, ben prima di arrivare a scegliere un action RPG in terza persona. Siamo partiti dall’idea di un post apocalittico, ma si trattava di un genere già allora molto inflazionato, era necessario trattarlo con un nuovo approccio, affrontandolo da punti di vista il più possibile differenti da quelli stereotipati“.
Dal concept al design di una nuova IP: l’approccio bottom up
L’idea di base per il nuovo gioco che Guerrilla Games intendeva sviluppare è nata dal team interno, mediante un processo bottom up, in cui gli sviluppatori hanno affrontato un pitch process utile a delineare una serie di proposte iniziali, che hanno agevolato moltissimo il lavoro dei vertici di produzione. Jan-Bart Van Beek spiega il perché di questa scelta: “Dopo aver inquadrato le linee generali del concept, abbiamo chiesto ai nostri sviluppatori che tipo di gioco sarebbe piaciuto loro fare“. Il risultato è stato a dir poco sorprendente: “Abbiamo ricevuto oltre trenta proposte, che ci sono servite per una serie di analisi. Ad esempio, abbiamo catalogato le idee ricorrenti nelle proposte stesse ed abbiamo verificato se fossero già state utilizzate in altre produzioni, ed in che modo. Insomma, la prima fase creativa, assolutamente condivisa, è stata decisamente utile per capire quale direzione volessimo prendere“.
Per sviluppare il design di Horizon Zero Dawn, il team di Guerrilla Games ha seguito la metodologia di design definita Double Diamond: “Tendiamo ad utilizzarla spesso – spiega Van Beek – ed è in verità molto diffuso in ambito creativo, dunque non abbiamo dovuto inventare nulla. Per noi è un modo di procedere molto flessibile, soprattutto avendo a che fare con progetti articolati e decisamente complessi da sviluppare, in cui la produzione dura anni ed intervengono tante variabili: la sua procedura ciclica consente di controllare molto meglio il processo di design rispetto ad un approccio di tipo lineare, in cui se qualcosa non torna, sostanzialmente ti ritrovi a dover rifare tutto“.

Dal punto di vista creativo, Guerrilla ha passato al vaglio molti riferimenti ispirazionali, provenienti dal cinema e dalla letteratura, più che dalle produzioni gaming. Un modus comunicandi assolutamente comprensibile, per evitare il “confronto diretto” con altri titoli videoludici: “Ci piaceva il fatto di creare un nostro mondo – confessa Van Beek – molto differente da quello che conosciamo, come hanno fatto con Avatar ad esempio. Sul tema del post apocalittico ci siamo ispirati a molti titoli sci-fi, come Indipendence Day, The day after tomorrow, Il pianeta delle scimmie, Terminator, The book of Eli, Oblivion, Io sono Leggenda, 28 giorni dopo ed altri ancora, ma volevamo soprattutto capire come potevamo differenziarci, per proporre qualcosa di nuovo per i nostri player. Abbiamo capito che per sviluppare al meglio la nostra idea era necessario porsi in un momento successivo al post apocalittico, nella fase che potremmo definire come il post post apocalittico, quando insomma il trauma della distruzione è stato superato e la natura ha ripreso il sopravvento sulla rovina, che continua ad esercitare il suo ruolo di memoria“.
Il post post apocalittico: quando la natura riprende il sopravvento
La scelta di ambientare Horizon Zero Dawn in un futuro rigenerato dopo un tragico evento apocalittico è un espediente funzionale alla narrativa, per dare il via ad una storia di riscoperta: “Lo scenario post apocalittico che solitamente siamo abituati a vedere – esamina Van Beek – è di reazione: i protagonisti cercano di riprendersi dal trauma devastante cui sono in qualche modo sopravvissuti. In Horizon Zero Dawn abbiamo pensato a cosa potrebbe accadere dopo. Abbiamo dunque voluto creare uno scenario post post apocalittico, un mondo ormai nuovo, rinato, in grado di conservare quelle tracce di memoria di quanto c’era prima, quanto basta per far nascere la curiosità sulle proprie origini, per venire a capo di situazioni che altrimenti sarebbero inspiegabili. La storia su cui si articola Horizon Zero Dawn consiste nel viaggio di scoperta che Aloy compie sia nel mondo reale, che nei ricordi di un’eredità lontana, in grado di rivelarsi con il procedere degli eventi. In questi aspetti che abbiamo voluto creare uno sci-fi credibile, che andasse oltre l’immagine ad effetto e alle suggestioni che il suo immaginario è in grado di generare emotivamente nel giocatore“.
Design: una questione di credibilità
Per costruire l’universo narrativo e figurativo di Horizon Zero Dawn, il team diretto da Jan-Bart Van Beek ha dovuto affrontare molte sfide, riconducibili alla combinazione di tre pilastri creativi: le rovine, lo scontro tra culture e le macchine. Il loro sviluppo è servito a creare anche il legante tra tutti gli elementi che danno luogo ad un mondo incredibilmente dettagliato a livello grafico, soprattutto considerando i limiti hardware di una Playstation 4, in funzione della dimensione dell’open world in cui sono ambientate le vicende di Aloy. A prescindere dagli avvenimenti di gioco e dall’evolversi della storia, la pura fase esplorativa è capace di catturare per ore qualsiasi giocatore, vagando senza apparente metà tra foreste e montagne innevate, soltanto per godersi lo spettacolo visivo che Guerrilla Games è stata in grado di sintetizzare. Anche a rischio di qualche sbavatura, inevitabile date le ambizioni tecniche del progetto.
Van Beek rivela alcuni dettagli relativi allo sviluppo del design dei tre pilastri creativi sovracitati.
Rovine e Natura – “Le rovine sono per il mondo di Horizon Zero Dawn un particolare molto importante. Ci siamo ispirati ovviamente ai grandi siti archeologici dell’antichità, ma al posto dell’architettura classica ritroviamo i grattacieli e le costruzioni tipiche dell’era in cui stiamo vivendo ora. Di queste rimane soltanto lo scheletro strutturale, ricoperto da una vegetazione matura, che esprime una fase in cui la natura si è ripresa ciò che le è stato sottratto. Le rovine, così configurate, creano il nesso con la dimensione precedente, con ciò che è stato brutalmente rimosso, rivelandoci che è avvenuta una distruzione apocalittica, facendo nascere il desiderio di scoprire ciò che c’era prima, cosa ha generato tutto ciò. La natura è sempre protagonista, ed abbiamo lavorato molto per rendere questo risultato anche nel design del sonoro e nella composizione delle musiche, volutamente epiche per trasmettere sempre una sensazione di grande intensità emotiva alle vicende che Aloy si trova ad affrontare“.
Scontro tra culture – “Horizon Zero Dawn è alimentato da grandi contrasti. Da un lato, tecnologie avanzatissime, a fronte di civiltà umane organizzate a livello tribale, in perenne scontro tra loro, per una questione di istinto di sopravvivenza, dove cercano di salvarsi dall’estinzione sfidando un ambiente ostile e dominato dalle macchine. Aloy attraversa molti luoghi, incontra differenti tribù e si intuisce costantemente un passato di grande conflitto. Per differenziare i caratteri delle varie civiltà abbiamo lavorato moltissimo nel definire un design esclusivo di ognuna di esse: abiti, accessori, armi, acconciature, per ogni dettaglio abbiamo valutato molte alternative, in modo da cercare di caratterizzare al meglio i personaggi della storia a partire dal loro look“. Nel caso di Aloy il discorso è stato molto più approfondito, in quanto trattandosi di un RPG, nel corso della storia, gode della possibilità di acquisire di moltissimi capi di abbigliamento ed armature, in grado di condizionare le skill generali del personaggio e i bonus in fase di combattimento.

Le macchine. I dinosauri robot – “In Horizon Zero Dawn, le macchine sono la specie dominante. Sono al tempo stesso letali e preziose: è dalla loro caccia che derivano le risorse per costruire attrezzature, armi e munizioni indispensabili per sopravvivere. I riferimenti alla cultura primordiale sono dati dall’associazione tra il dinosauro, forma animale primitiva, e la macchina, un elemento tecnologicamente molto avanzato. La loro evoluzione è uno dei particolari che viene rivelato nel corso della storia. Creare le macchine di Horizon Zero Dawn ha richiesto un lavoro di concept e design davvero profondo, per caratterizzarle, per renderle funzionali al gameplay e soprattutto per renderle credibili nella loro varietà. Per definire i dettagli delle animazioni abbiamo dovuto sostenere un lavoro di reference molto approfondito, osservando il comportamento di molti animali ed altri accorgimenti. E’ vero che sono macchine, ma sono sostenute da un’intelligenza che deve emergere nel modo in cui interagiscono con l’ambiente e con le altre creature presenti“.


Sfruttare ogni risorsa disponibile: la tecnica del Decima Engine
Da comuni appassionati di 3D, prima ancora che inguaribili dipendenti del gaming, viene scontato chiedersi: come è possibile far girare tutto questo ben di Dio su una semplice Playstation 4? La risposta Guerrilla Games l’ha trovata nello sviluppo di un nuovo game engine proprietario, che ha preso il nome di Decima Engine. I vantaggi di un motore scritto ad hoc per sviluppare un’applicazione interattiva complessa come un videogame sono evidenti nel totale controllo sulle innumerevoli variabili coinvolte. Un game engine mira ad ottimizzare i contenuti che devono essere sfruttati da risorse per definizione limitate, andando a condizionare ogni aspetto della performance real time. Questa ossessiva attenzione è il risultato di un eterno processo iterativo, dell’esperienza che giorno dopo giorno gli sviluppatori compiono nel produrre i vari titoli. Un game engine efficiente consente di sfruttare al massimo le capacità computazionali dell’hardware a disposizione, e ciò spiega perché su una Playstation 4, come nel caso di Horizon Zero Dawn, i risultati migliori dal punto di vista tecnico siano stati finora ottenuti da giochi sviluppati in esclusiva per questa console. Per citare due esempi, si pensi soltanto al lavoro realizzato da Sony Santa Monica per God of War, oppure da Naughty Dog per Uncharted 4. Ben più arduo il compito per i motori multipiattaforma, come nel caso di Unreal Engine 4 o dei game engine proprietari chiamati a produrre lo stesso risultato su molti device, dalle specifiche totalmente differenti tra loro.
Prima di rimandarvi alla sempre eccellente analisi tecnica di Digital Foundry, un’ultima curiosità, relativa al nome del motore proprietario di casa Guerrilla. Decima Engine deriva infatti da Dejima Island, una località in cui storicamente avvenivano gli scambi commerciali tra i Paesi Bassi ed il Giappone. Il particolare assume un significato se si considera che il Decima Engine, dopo l’iniziale sviluppo da parte degli olandesi di Guerrilla Games, è stato condiviso con il celebre designer nipponico Hideo Kojima, che ne ha proseguito lo sviluppo per il suo Death Stranding, un titolo che oltre a soddisfare l’enorme hype che ha creato, è chiamato a spingere sempre più in alto le vette tecniche raggiunte da Horizon Zero Dawn.
Per ulteriori approfondimenti:
- Double Diamond Design Process, fonte Design Council
- Creating Horizon Zero Dawn Character, fonte IAMAG
- The Art of Horizon Zero Dawn, di Paul Davies, edito da Titan Books
Il presente articolo è dedicato alla memoria di Patrick Munnik, lead producer di Guerrilla Games, prematuramente scomparso il 10 giugno 2019.
Si ringraziano View Conference e OGR Torino per la collaborazione.