Etica e Tecnologia – Hololens nel mirino. Quando la Realtà Aumentata può uccidere.

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Il rapporto tra etica e tecnologia è la base di un dibattito in continua evoluzione, che accompagna le principali innovazioni almeno dalla prima rivoluzione industriale. Oggi viviamo una fase di trasformazione, di metamorfosi, le cui conseguenze sono generalmente imprevedibili. Se, da un lato, il potere socio-economico pare accentrarsi nelle mani di pochi giganti, sempre più influenti in tutti gli aspetti legati al controllo delle masse, inizia probabilmente a svilupparsi quella coscienza critica, di reazione ad un sistema che ha forse troppo a lungo glissato su certi aspetti, consentendo a tali colossi di diventare tali anche per il fatto di aver agito sostanzialmente senza delle vere regole, se non quelle imposte da loro stessi.

Una vicenda che ha fatto molto discutere è il contratto da 479 milioni di dollari stipulato tra Microsoft e US Army per la fornitura di una serie di servizi basati sulla Realtà Aumentata (IVAS – Integrated Visual Augmentation System)* per supportare le operazioni sul campo, superando l’utilizzo legato al training e alla formazione, da cui sostanzialmente il discorso era partito. A far discutere non è tanto l’accordo in quanto tale, economicamente marginale se confrontato con altre spese della difesa americana, quanto il fatto che un provider come Microsoft si ritrovi a fornire per finalità belliche delle tecnologie originariamente concepite per altri scopi, “tradendo” le intenzioni dei suoi sviluppatori. Di qui una presa di posizione dei dipendenti Microsoft, che si sono opposti all’accordo chiedendo a Microsoft un deciso passo indietro, che nel momento in cui scriviamo non è in alcun modo avvenuto. Per contro, il presidente Brad Smith ha garantito che l’azienda sarebbe disposta ad accettare un trasferimento presso altri comparti per tutti coloro che si trovassero in disaccordo con questa scelta, senza alcun pregiudizio circa il procedere della loro carriera. Anziché calmare le acque, queste dichiarazioni hanno finito per gettare ulteriore benzina sul fuoco, spingendo alcuni dipendenti a divulgare una richiesta pubblica, finalizzata a catalizzare l’attenzione mediatica, per chiedere a Microsoft alcune policy precise e l’adozione di un comitato etico esterno ed indipendente. Il punto fermo risiede inoltre nella richiesta di uscire dall’accordo preso con il Dipartimento di Difesa americano. Per Microsoft la situazione si sta facendo decisamente scomoda.

L’importanza strategica per lo sviluppo di Hololens

Al di là della rilevanza economica, l’accordo di fornitura ISAV rappresenta per Microsoft una grandissima opportunità per lo sviluppo della propria principale tecnologia Mixed Reality: il visore Hololens, presentato nella sua seconda evoluzione al recente MWC di Barcellona.

Gli aspetti rilevanti sono soprattutto due. L’accordo prevede la fornitura all’esercito di ben 100.000 visori Hololens. Un numero impressionante se si considera che Microsoft, anche senza il conforto di dati ufficiali, avrebbe finora venduto circa 50.000 visori. In un colpo solo, il colosso di Redmond si troverebbe a far fronte ad un numero tre volte maggiore, da cui ottenere informazioni di vitale importanza per formare un solido know how su una tecnologia molto giovane, su cui Microsoft sta dichiaratamente investendo. Non è un mistero che l’industria della difesa, al pari di quella automotive ed aerospaziale, sia tra i principali fautori delle tecnologie innovative, forte di una possibilità di investimento che consente di sostenerne lo sviluppo su ampia scala.

Il secondo aspetto determinante per Microsoft è costituito dal successo diretto nei confronti del suo principale antagonista: Magic Leap, invitato alla gara nelle medesime condizioni. Con Google che ritarda l’uscita del secondo Glass ed Apple che per ora non pare avere alcuna fretta di lanciarsi nel discorso AR wearable, la startup bilionaria diretta da Rony Abovitz costituisce per Microsoft l’unico vero rivale nella Realtà Aumentata in ambito enterprise. Magic Leap aveva oggettivamente poche speranze di spuntarla contro Microsoft, in quanto al momento della gara il suo primo visore non è stato ancora commercializzato, pur essendo disponibile per gli sviluppatori. Le rivoluzionarie potenzialità del progetto hanno consentito ad Abovitz di catalizzare quasi tre miliardi di investimenti su Magic Leap, ma evidentemente ciò non è stato sufficiente per convincere il governo americano a puntare su suoi visori per l’utilizzo in ambito militare.

Il precedente scomodo: Project Maven, il grande passo indietro di Google

A prescindere dall’esito della vicenda legata a Microsoft, e di tutte quelle che seguiranno, il dibattito circa l’utilizzo etico della tecnologia vanta già alcuni precedenti, in particolare quello legato a Project Maven, che prevedeva un accordo tra Google e il Pentagono finalizzato allo sviluppo di soluzioni per i droni militari basati sull’intelligenza artificiale creata dal colosso di Mountain View. In particolare, Google si era impegnata in un progetto pilota di Deep Learning dal valore di ben dieci miliardi di dollari, utilizzando la tecnologia open source TensorFlow per istruire i droni militari.

Nonostante le resistenze da parte di Google, forte del fatto che TensorFlow fosse una tecnologia open source, che il Pentagono avrebbe comunque potuto farne uso affidando ad altri lo sviluppo, oltre 4000 dipendenti hanno preso le distanze da Project Maven, arrivando in alcuni casi a dimettersi o a richiedere il trasferimento in altri comparti dell’azienda. Quando la situazione stava per sfuggirle palesemente di mano, Google ha deciso di recedere dall’accordo, creando un precedente molto importante, che ha costretto ad una reazione piuttosto netta gli altri big one dell’industria tech, ben presto chiamati in causa.

L’intelligenza artificiale, ben più delle tecnologie immersive, è finita spesso nell’occhio del ciclone per quanto concerne le questioni etiche, anche per la psicosi relativa alla possibile autonomia che le macchine potrebbero assumere qualora diventassero “troppo intelligenti”. Argomenti su cui hanno saputo fare leva influencer del calibro di Elon Musk, per richiedere una grande attenzione su questi temi, onde scongiurare la nascita di una Skynet, la celebre AI del film Terminator, assunta quale spauracchio di riferimento ogni qualvolta si voglia imbastire una denuncia di questo genere.

Per contro, ci sono accesi fautori della collaborazione con l’industria della difesa. E’ il caso di Jeff Bezos, l’uomo più ricco del mondo, il patron di quella Amazon che risulta anch’essa tra i fornitori del Pentagono. Come Musk, anche lui progetta viaggi nello spazio. Di fronte alle critiche, Bezos ha sostenuto che non avrebbe senso rifiutarsi di fornire l’esercito per sfuggire alle critiche e ai ritorni negativi in termini di immagine, in quanto le aziende americane dovrebbero mantenere sempre un solido senso di patriottismo. Facilmente tacciato di opportunismo, al di là della sincerità negli intenti, Bezos ha di fatto scoperto l’altro lato della medaglia.

Microsoft Workers: richieste ragionevoli o eccesso di moralismo?

Nella lettera indirizzata ai vertici aziendali, i Microsoft Workers, come si sono autodefiniti, puntano in particolar modo il dito contro il fatto che l’azienda non informerebbe in maniera esauriente gli ingegneri in merito ai reali scopi e all’utilizzo dei risultati delle loro ricerche. Il fatto di poter lasciare il progetto se non se ne condividono i presupposti etici sarebbe dunque un’indicazione fuorviante e non risolutiva, in quanto non sarebbe chiara proprio l’essenza del discorso, ossia la finalità del proprio lavoro. In altri termini, ad inizio progetto nessuno sapeva che Hololens sarebbe finito in quelle mani.

Per contro, non mancano le opinioni favorevoli alla fornitura di tecnologia per scopi militari, con posizioni che si sforzano di superare, oltre al rigetto alla violenza, anche il risvolto speculativo. Al di là di sentimenti più o meno soggettivi, come il già citato senso di appartenenza al proprio paese, l’industria militare non è soltanto qualcosa che viene utilizzata per uccidere, ma una condizione necessaria a garantire la difesa della nazione. Inoltre, i grandi investimenti dell’industria militare finiscono molto spesso per generare ricadute positive a vantaggio della società civile, non soltanto dal punto di vista tecnologico.

Molti progetti nati dalla ricerca bellica hanno dato luogo a soluzioni molto importanti per l’utilizzo comune. Un colosso Telco come Vodafone è nato per le comunicazioni radio in ambito militare, così come i celebri occhiali Ray-Ban, realizzati negli anni ’30 per gli aviatori e divenuti col tempo un irrinunciabile status symbol nella vita di tutti i giorni. Gli assorbenti femminili derivano da garze per le il trattamento delle ferite in dotazione ai corpi militari, così come il celebre coltellino svizzero multiuso è nato quale dotazione dell’esercito elvetico. Gli esempi di prodotti militari riciclati con successo per il consumo civile sono innumerevoli, anche nell’automotive, basti pensare alle origini del marchio Jeep. E lo stesso vale per tecnologie high-end che hanno contribuito a migliorare complessivamente la qualità della vita delle persone, nell’ambito delle telecomunicazioni, nella medicina e nei trasporti in generale.

Perché dunque i visori Hololens non potrebbero giovare della stessa sorte? La partita è più che mai aperta, con opinioni più o meno condivisibili su entrambi i fronti. Prendere una posizione su una base oggettiva risulta tutt’altro che semplice.

Realtà Aumentata e Industria Militare. Quando il videogioco diventa realtà. La tecnologia IVAS

L’industria militare si avvale della Realtà Aumentata in molti modi, per risolvere esigenze che vanno dal training all’azione sul campo, dove l’informazione contestuale consente di prendere decisioni in tempi molto rapidi, acquisendo dunque un vantaggio tattico determinante nei confronti degli avversari. In particolare, è proprio l’IVAS (Integrated Visual Augmentation System) ad esemplificare in maniera efficace questi concetti, supportando applicazioni quali Tactical Augmented Reality (TAR), Synthetic Training Environment (STE) o l’integrazione diretta sugli elmetti dei soldati, definita HUD. I seguenti video, pubblicamente disponibili su alcuni canali youtube della U.S. Army, sintetizzano alcune delle principali caratteristiche di queste applicazioni.

In ambito militare, la realtà aumentata può supportare sia operazioni mirate all’attacco che quelle relative alla sicurezza e alla salvaguardia, come il supporto in remoto per gli interventi medici, un esempio concreto di applicazione Hololens che potrebbe diventare molto utile, qualora dovesse trovare luogo in ambito civile, a supporto dei team di paramedici sui mezzi di soccorso avanzato.

Le riflessioni circa l’utilizzo di tecnologie in grado di uccidere ci consente infine una ulteriore valutazione, tesa a ribadire come la Realtà Aumentata sia di fatto uno strumento nelle mani e nelle intenzioni di chi la impiega. Un’opportunità neutra che può favorire o meno conseguenze nefaste a seconda dell’utilizzo pratico che assume. Non parliamo ovviamente solo delle esigenze di un soggetto istituzionale come la difesa di una nazione, ma di tutti gli attori che possono utilizzare tecnologie potenzialmente distruttive. Le stesse considerazioni fatte per la AR valgono per la già citata Intelligenza Artificiale o per la Stampa 3D, finita sotto accusa per il fatto che consentirebbe a chiunque di fabbricarsi un’arma in grado di uccidere seguendo un comodo tutorial su Youtube, piuttosto che la Blockchain, condizione sine qua non di quelle Criptovalute che consentirebbero di procurarsi le armi in maniera totalmente illegale, eludendo facilmente i controlli grazie al famigerato dark web.

Se la realtà aumentata può essere vista a priori come una minaccia, è nelle sue applicazioni concrete, anche le più critiche, che emerge il fondamentale ruolo dell’uomo nella sfida dell’innovazione. Ora più che mai sono le sue scelte a condizionarne l’esito.

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Francesco La Trofa

Architetto e giornalista, con 20 anni di esperienza nelle tecnologie 3D.
Consulente di enti pubblici e aziende 3D per aspetti legati alla progettazione e alla comunicazione.
Responsabile dei contenuti editoriali di Treddi.com e co-fondatore dei Digital Drawing Days, evento unico nel suo genere in Italia.
Collabora attivamente nella ricerca e nella didattica presso il Politecnico di Milano.
Per Protocube Reply cura 3D STORIES.