Il 2019 verrà certamente ricordato per la forte presa mediatica del dibattito sulle tematiche legate all’ambiente e al futuro del pianeta. Prendendo le distanze da proclami urlati e da tendenze radical, Broken Nature, esposizione internazionale della XXIIesima Triennale di Milano, ha cercato di stimolare una riflessione su vari aspetti, senza pretendere di possedere delle verità che, in ogni caso, non coinciderebbero con la soluzione ad un fenomeno troppo complesso e mutevole: l’esito del rapporto tra uomo e natura ed il ruolo ricostituente che il design assume per ricomporre quei legami che oggi parrebbero irrimediabilmente recisi.
Consapevole del suo ruolo, Broken Nature si è rivelato un contenitore di proposte estremamente vario, capace di allestire insieme visioni ed esperienze concrete: oltre 100, tra opere commissionate e contenuti scelti dal team diretto dalla curatrice Paola Antonelli, convinta di come sia “meglio disseminare punti di domanda, anziché impartire lezioni che non saranno mai interiorizzate“.
Avvisati e consapevoli della sua straordinaria eterogeneità, abbiamo visitato Broken Nature a modo nostro, soffermandoci soprattutto sul ruolo e sul valore che le tecnologie 3D sono in grado di portare nei processi di un design finalizzato a rendere maggiormente sostenibile il rapporto speculativo che da sempre intercorre tra l’uomo e la natura.
3D e Design di Prodotto
Quando si parla di prodotti destinati al largo consumo, entrano in gioco volumi di produzione che inevitabilmente finiscono per avere un notevole impatto a livello ecologico: dall’acquisizione della materia prima, alle quantità di scarti, per non parlare dell’emissione di anidride carbonica che comporta tutto il ciclo di vita del prodotto stesso.
Per cercare di invertire la rotta rispetto ad un atteggiamento esclusivamente speculativo, Adidas ha iniziato ad utilizzare plastica recuperata dai fondali oceanici, collaborando con l’azienda americana Parley for Oceans per quanto concerne il recupero ed il pre-trattamento della materia prima. Quella che da molti è stata additata come un’abile mossa di marketing si è rivelata essere qualcosa di più fondato nel lungo periodo, confermando la coerenza delle sue intenzioni: il brand tedesco ha infatti intrapreso una trasformazione dei propri processi produttivi, che orienterà la produzione verso tematiche sempre più circolari, a cominciare dalla sostenibilità delle materie prime utilizzate, includendo tecnologie di stampa 3D come la CLIP di Carbon 3D, già implementata per la linea Futurecraft 4D.
Simili intenzioni sono manifestate da LEGO nel suo progetto Plants for Plants, le cui finalità si riflettono nella produzione dei celebri giocattoli componibili, confermando però i concetti di eco-sostenibilità della produzione riscontrabili negli esempi dell’industria fashion.


Per approfondimenti: Adidas: stampa 3D per la produzione
3D ed Esperienze Interattive
Il 3D è naturalmente la base con cui sviluppare un ampio range di esperienze interattive, in particolare quelle che si basano sulla fruizione dei contenuti in tempo reale, autentici mondi digitali messi a disposizione dell’utente finale. In questo frangente, il videogioco assume dunque una spiccata funzione educativa, nella direzione di sensibilizzare il pubblico in merito alle qualità ambientali e alla fragilità degli ecosistemi.
E’ il caso di The Path to Luma, puzzle game mobile che racconta la storia dell’ipotetica civiltà Chroma e dei suoi numerosi pianeti, progressivamente sfibrati di risorse e habitat, al punto da costringere tutti gli abitanti sopravvissuti a migrare verso l’ultimo pianeta “funzionante”. Dopo aver preso coscienza del problema, i reduci sviluppano quindi un progetto ricostituente basato sui MAS (modelli per l’aumento della sostenibilità), androidi in grado di spostarsi di pianeta in pianeta per implementare tecnologie per l’energia pulita ed incoraggiare modelli di sviluppo empatici e sostenibili.
Tra i videogiochi commerciali è stato invece scelto ABZU, che consente di esplorare e scoprire il mondo marino e la sua architettura, interagendo con gli ambienti stessi, rendendosi concretamente conto di quali siano le forze che danneggiano l’ecosistema degli oceani. Ben bilanciato tra il gaming puro e la sua finalità educativa, ABZU pone enfasi sugli ambienti oceanici per creare una più o meno conscia sensazione di empatia e di rispetto.
Omettendo il 3D e l’interattività, troviamo ampi spunti anche nell’esperienza multimedia classica, quella che potremmo definire… tradizionale. E’ il caso dei prodotti dell’industria entertainment orientale, capace di esuberanze costruttive come il manga/anime Moyashimon: storie di agricoltura, in cui un giovane studente di agraria sviluppa un senso di empatia tale da consentirgli di parlare con batteri e microorganismi di vario genere, che lo accompagnano nelle sue bizzarre e divertenti avventure. Oltre all’aspetto puramente ludico, Moyashimon pone l’evidenza su come il mondo sia composto da una maggioranza microscopica, non visibile all’occhio umano, fondamentale per l’esistenza ed il funzionamento di tutto quanto ci circonda. Spesso ancor più dei fenomeni di grande portata.

3D, Computer Grafica e Data Visualization
Per capire la natura dei fenomeni complessi, è necessario isolarne le parti e rendere fruibile l’analisi dei dati che le caratterizzano. L’elaborazione del dato è resa sempre più efficiente dalle intelligenze artificiali, con algoritmi e reti neurali che consentono di raggiungere risultati impensabili anche pochi anni fa. Ma dal punto di vista della visualizzazione e della comunicazione del dato, a che punto siamo? Ormai in via di acquisizione il risultato del fotorealismo, la sfida più grande della computer grafica è attualmente caratterizzata dalla rappresentazione dei dati attraverso interfacce utente di prossima generazione. Il tema è al centro di un dibattito aperto e con ampi margini di evoluzione.



3D e Digital Heritage
Grazie alla loro capacità ricognitiva e ricostruttiva, le tecnologie 3D sono preziosissime alleate delle discipline legate al recupero e alla conservazione, che si tratti di manufatti storici, di architetture a rischio, piuttosto che di culture falcidiate dalle atrocità della guerra. A livello mediatico hanno avuto una meritata ribalta le ricerche condotte da Forensics Architecture, studio multidisciplinare inglese che utilizza le tecniche dell’indagine forense 3D per dare una riposta probatoria ai crimini del nostro tempo, giungendo talvolta a conclusioni che smentiscono palesemente le informazioni divulgate dalla stampa generalista.
Protagonista della sezione allestita dalla Gran Bretagna, Forensic Architecture ha lavorato per ricostruire le labili tracce della distruzione dell’ISIS nei luoghi della Siria e del Iraq settentrionale, prima che venissero irrimediabilmente rimosse. Tra gli aspetti più interessanti vi è lo sviluppo di procedure di rilievo low cost utili ad acquisire dati funzionali alle ricostruzioni in fotogrammetria 3D (droni low cost, aquiloni, fotocamere usa e getta, ecc.). Utilizzando queste attrezzature è stato possibile far effettuare i rilievi direttamente alle popolazioni locali, su larga scala, ed al sicuro dalle situazioni di rischio (es. zone minate, ecc.).

Per approfondimenti: 3D per il Digital Heritage su 3D Stories
La stampa 3D per i materiali organici
Il design esprime costantemente i suoi prodotti mediante l’uso dei materiali. La ricerca scientifica sta proponendo soluzioni in grado di sfruttare materiali di derivazione organica, in grado di esercitare un ruolo attivo nei processi che l’oggetto finito è in grado di instaurare con l’ambiente che lo circonda. E’ il caso della melanina, oggetto dei suggestivi Totems, realizzati su commissione da The Mediated Matter Group (MIT) diretto da Neri Oxman. Il risultato è un progetto di design assolutamente speculativo, inteso quale un primo step utile a divulgare le potenzialità dei materiali organici. Nel caso dell’architettura, secondo i ricercatori del MIT, la melanina assumerebbe una funzione “dermatica”, per dotare la pelle dell’edificio di proprietà di autocontrollo simili a quelle della pelle umana. Più scena che sostanza? Per il momento si, ma anche l’occhio vuole la sua parte. La speciale resina viene utilizzata grazie a tecnologie di stampa 3D realizzate in collaborazione con Stratasys. The Mediated Matter Group sta lavorando su molti progetti di questo genere, in cui è sostanzialmente indispensabile l’utilizzo della stampa 3D.
Differente per obiettivi e finalità, ma ispirato da logiche organiche è il progetto Tissue Printing, In questo caso, la stampa 3D gioca un ruolo fondamentale nel dare forma a soluzioni organiche complesse. Nato dalla collaborazione tra la Miller Lab (Rice University) e Nervous System (ex MIT), studio specializzato in progetti e soluzioni generative, Tissue Printing è un software in grado di generare strutture vascolari e vie respiratorie su misura, realizzabili con le tecniche di biostampa dei tessuti utilizzate nei trapianti polmonari.

Per ulteriori approfondimenti .- Broken Nature – XXII Triennale di Milano